Obbligo trasmissione telematica del certificato di malattia

Obbligo trasmissione telematica del certificato di malattia

6 Maggio 2017 di: Nuccio Sciacca 0

Per i medici sia dipendenti che convenzionati arriva una circolare INPS n. 79 emanata in data 2.5.17 nella quale si ribadisce che “l’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce, oltre che una violazione della normativa vigente, anche una fattispecie di illecito disciplinare – salvo evidentemente i casi di impedimenti tecnici di trasmissione – per i medici dipendenti da strutture pubbliche o per i medici convenzionati. Pertanto, si invitano le Strutture territoriali Inps che riscontrino situazioni di inadempienza, come sopra evidenziate, a segnalarle alle Aziende Sanitarie Locali per competenza”

Di seguito il testo della circolare: Riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia.

Mediante la trasmissione telematica della certificazione di malattia – le cui specifiche sono state fornite con il disciplinare tecnico allegato e parte integrante del decreto del Ministero della salute del 26 febbraio 2010, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’economia e delle finanze e successive modificazioni – l’Istituto può disporre, come è noto, in tempo reale delle informazioni inerenti allo stato di temporanea incapacità al lavoro dei soggetti interessati. Ciò costituisce, con tutta evidenza, un notevole vantaggio, in termini di celerità e certezza dei flussi certificativi, sia per l’Istituto medesimo, ai fini delle successive attività per il riconoscimento della prestazione previdenziale, ove spettante, sia per i datori di lavoro che mediante i servizi messi a disposizione dall’Inps possono visualizzare tempestivamente gli attestati di malattia dei propri lavoratori dipendenti. Il suddetto flusso telematico risulta essere attualmente operativo su tutto il territorio nazionale anche se continuano ad essere segnalate dalle Strutture territoriali Inps non poche situazioni di inadempienza da parte dei medici curanti circa l’obbligo di invio telematico con rilascio di certificazioni redatte in modalità cartacea e, conseguenti disagi per i lavoratori coinvolti, per l’Istituto e per le aziende interessate. Al riguardo, si ribadisce che la citata inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce, oltre che una violazione della normativa vigente, anche una fattispecie di illecito disciplinare – salvo evidentemente i casi di impedimenti tecnici di trasmissione – per i medici dipendenti da strutture pubbliche o per i medici convenzionati (1). Pertanto, si invitano le Strutture territoriali Inps che riscontrino situazioni di inadempienza, come sopra evidenziate, a segnalarle alle Aziende Sanitarie Locali per competenza.Prognosi riportata nel certificato. Tutte le informazioni contenute nel certificato telematico, rivestono peculiare e specifica importanza. Fra queste, in particolare, la data di fine prognosi – in assenza di ulteriore certificazione – costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia, assumendo un significato di rilievo da un punto di vista amministrativo-previdenziale. E’ evidente, tuttavia, che sul piano medico legale, tale data rappresenta un elemento “previsionale” sul decorso clinico e sull’esito dello stato patologico riportato in diagnosi, formulato da parte del medico certificatore sulla base di un giudizio tecnico. Appare, conseguentemente, suscettibile di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione, in base ad un decorso rispettivamente più lento o più rapido della malattia. Nell’ipotesi di un prolungamento dello stato morboso, il lavoratore – per prassi già consolidata – provvede a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile, sul piano previdenziale, il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia. Ugualmente, nel caso di una guarigione anticipata, l’interessato è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro. Poiché ciò non costituisce a tutt’oggi una prassi seguita dalla generalità dei lavoratori, si forniscono, di seguito, alcune indicazioni sulla base della normativa vigente. Obblighi del lavoratore e del datore di lavoro. La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps, considerato che, mediante la presentazione del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di presentare alcuna specifica domanda (ad eccezione di quanto previsto dal Decreto del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale 12 gennaio 2001 per i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui di cui all’art. 2 comma 26 della legge n. 335/1995). Il certificato, pertanto, per i lavoratori cui è garantita la tutela in argomento, assume, di fatto, il valore di domanda di prestazione. Sotto il primo profilo, è da ritenersi che, in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non possa consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro. L’art. 2087 del codice civile, come noto, infatti, impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’art. 20 del D.lgs. n. 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata. Per quanto concerne, invece, l’obbligo del lavoratore nei confronti dell’Inps, si evidenzia che lo stesso è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza verso l’Istituto nei confronti del quale, con la presentazione del certificato di malattia – anche se avvenuta mediante la modalità della trasmissione telematica da parte del proprio medico curante – ha inteso instaurare uno specifico rapporto di natura previdenziale con conseguente possibile erogazione – in presenza di tutti i requisiti normativamente previsti – della relativa indennità economica. Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato, presupposto della richiesta di prestazione economica all’Istituto.

Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga. Anche nel caso in cui il medico si trovi nella condizione di dover utilizzare il servizio alternativo di Contact Center per la presentazione dei certificati di malattia on line, previsto dal disciplinare tecnico del decreto ministeriale citato in premessa, ciò dovrà esser fatto tempestivamente e prima del rientro anticipato al lavoro del soggetto. L’obbligatorietà di rettifica del certificato, nei casi di data di fine prognosi anticipata, trova fondamento normativo anche ai sensi del disciplinare tecnico del decreto ministeriale citato in premessa, che stabilisce, appunto, che nel caso in cui si manifesti un decorso più favorevole dell’evento di malattia e la data di fine prognosi debba essere ridotta, il medico curante che ha redatto il certificato apporti una rettifica richiamando il certificato medesimo. L’informazione viene in tal modo immediatamente acquisita, mediante flusso telematico, dall’Inps che la utilizza ai propri fini istituzionali e la mette a disposizione dei datori di lavoro interessati mediante i citati servizi per le aziende. Nei casi di residuali certificati redatti per causa di forza maggiore in modalità cartacea, il lavoratore dovrà farsi rilasciare apposito certificato di fine prognosi che dovrà essere inviato immediatamente all’Inps e al datore di lavoro. Provvedimenti sanzionatori. Succede non di rado che a seguito dell’effettuazione di visita medica di controllo domiciliare disposta d’ufficio, l’Istituto venga a conoscenza del fatto che un lavoratore abbia ripreso l’attività lavorativa prima della data di fine prognosi contenuta nel certificato di malattia, senza aver provveduto a far rettificare la suddetta data, a fronte ovviamente di un datore di lavoro consenziente. Il suddetto comportamento da parte del lavoratore e dell’azienda crea evidenti difficoltà all’Inps, evidenziandosi un disallineamento tra la durata effettiva dell’evento e la certificazione prodotta. Il mancato tempestivo aggiornamento della prognosi, inoltre, può indurre l’Istituto, in prima battuta, a ritenere che l’evento di malattia sia ancora in corso e, quindi, ad effettuare conseguentemente valutazioni di competenza non appropriate (inviando, ad esempio, inopportuni controlli domiciliari con derivanti oneri a carico dell’Istituto stesso). Nei casi di lavoratori aventi diritto al pagamento diretto della prestazione, emerge anche il rischio di erogazione di prestazioni non dovute, con conseguente necessità, per l’Istituto, di attivarsi per il recupero della quota non dovuta di prestazione. In considerazione di quanto sino ad ora esposto e tenuto conto della necessità di garantire che i dati forniti all’Istituto mediante i diversi flussi certificativi (e quindi anche quelli delle certificazioni di malattia) siano tempestivamente aggiornati e veritieri, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie. Si precisa al riguardo che la sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato. Il lavoratore, che si trovi nelle ipotesi sopra descritte e che, non trovato al domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.

Autore

Nuccio Sciacca

Direttore responsabile


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