Quando essere donna è un ostacolo alla carriera

Quando essere donna è un ostacolo alla carriera

23 Settembre 2016 di: Nuccio Sciacca

Non è semplice la vita delle donne chirurgo in Italia. Almeno secondo un’indagine dell’Associazione Women in Surgery Italia (Wis Italia) riportata in Italia da ADN Kronos. Per il 64,2% delle donne intervistate, infatti, l’appartenenza al genere femminile è un ostacolo alla progressione della carriera. Per il 49% anche il desiderio di avere figli rappresenta uno scoglio.

E’ quanto emerge dall’analisi di un questionario diffuso in un campione di Scuole di specialità e di specialisti, cui hanno risposto 167 chirurghi, per il 62,3% donne e per il 37,7% uomini.  Il questionario – sottolinea Wis Italia – ha toccato un ampio spettro di temi, dalla formazione al tipo di struttura in cui si lavora, fino alle esperienze all’estero. Arrivando anche a temi sensibili, come le discriminazioni legate al sesso. Il 34% di coloro che hanno risposto alla domanda, ad esempio, afferma di aver subito, durante la propria formazione, discriminazioni legate al sesso. Discriminazioni che sono avvenute, secondo il 50% delle risposte, durante la scuola di specialità, per il 44,1% nel corso dell’attività lavorativa, per il 29,4% nel momento della ricerca del posto di lavoro e nel 25% dei casi durante la scelta della scuola di specialità. E se essere donna o volere un figlio rappresenta un ostacolo per la carriera, i modelli di riferimento dei chirurghi ancora oggi sono prevalentemente maschili. Il 94,2% di coloro che hanno risposto all’indagine, afferma infatti di avere incontrato uomini di riferimento durante la propria formazione e carriera, mentre solamente il 31,8%, indica modelli femminili. Questo non esclude che esistano molte donne chirurgo soddisfatte professionalmente: tre su quattro (75,3%) dicono di conoscerne almeno una.

Un altro tema importante è quello della difficile conciliazione tra vita privata e professionale. Il 45,1% del campione ha almeno un figlio, e di questi il 61,2% ne avrebbe voluti di più, ma se non lo ha fatto, in buona parte questo è dovuto al lavoro (motivi professionali, 54,5%), oltre che a motivi personali (39,4%) ed economici (15,2%).  La scelta di avere un figlio avviene tardi: il 53,1% delle madri del campione, prima della maternità, era già strutturata. Dopo la nascita dei figli quasi un quarto del campione femminile (24,3%) ha ridotto l’attività lavorativa, un fatto che viene definito nel 43,8% dei casi come imposto, e non desiderato. A complicare la vita delle donne con il bisturi è la mancanza dei nidi aziendali: in generale solo il 22,6% dei chirurghi intervistati lavora in una struttura che lo comprende, anche se il 93,7% riterrebbe utile avere il supporto di un nido aziendale.

Assentarsi per maternità provoca spesso disagi nell’ambiente di lavoro: infatti solo un terzo (34,1%) degli intervistati afferma che nella struttura in cui lavora l’assenza per maternità viene sostituita da altro personale. Il 90% dei chirurghi riterrebbe utile il congedo di paternità, mentre solamente l’8,6% ne ha usufruito.

Risultato? Il 65% si dichiara non soddisfatto dalla suddivisione del tempo tra lavoro e vita personale. L’80,4%, infine, pensa che l’attuale legislazione sulla maternità nella professione chirurgica non sia adeguata.

 

Autore

Nuccio Sciacca

Direttore responsabile


Email: nucciosciacca@cataniamedica.it