Le malattie infiammatorie croniche intestinali

Le malattie infiammatorie croniche intestinali

3 Luglio 2023 di: Angelo Milazzo 0

Recentemente è stata celebrata la giornata mondiale delle malattie croniche dell’intestino. Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) dovrebbero rappresentare una priorità in politica sanitaria. Si stima che in Europa circa cinque milioni di persone, molte delle quali di genere femminile, siano affette da MICI. Queste risultano essere delle condizioni infiammatorie croniche molto debilitanti. Secondo la recentissima indagine Better, per il 72% dei pazienti la patologia influisce sulle capacità di lavorare e oltre la metà dei soggetti affetti è costretta a chiedere congedi per malattia. Pesanti sono anche gli effetti sulla frequenza scolastica e universitaria, nonché sulla vita sociale in generale.

MICI

La malattia infiammatoria cronica intestinale comprende essenzialmente la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. È una condizione recidivante e remittente caratterizzata da un’infiammazione cronica in vari tratti dell’apparato digerente. Provoca dolore addominale e spesso alvo diarroico. L’infiammazione è dovuta a una risposta immunitaria, cellulo-mediata, della mucosa gastrointestinale. L’incidenza è in netto aumento, e una diagnosi su quattro riguarda soggetti in età pediatrica. Le MICI possono affliggere soggetti di tutte le età, ma di solito esordiscono prima dei 30 anni, con un picco di incidenza tra i 14 ei 24.
Le MICI sono patologie a genesi multifattoriale, con cause a tutt’oggi parzialmente sconosciute. L’ipotesi eziologica prevalente è quella di una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni. Tra questi, assumono sempre maggiore importanza gli antigeni batterici del microbiota intestinale. Questo squilibrio immunologico può istaurarsi per un’alterata interazione tra i fattori genetici propri dell’individuo e fattori ambientali, questi ultimi ancora non ben identificati. La reazione immunitaria coinvolge il rilascio di mediatori dell’infiammazione come le citochine, le interleuchine, e il tumor necrosis factor. Anche se simili, il morbo di Chron e la colite ulcerosa possono essere distinti. Però circa il 10% di casi non è distinguibile e resta terminologicamente inclassificato, si parla quindi di colite indeterminata.

Le MICI coinvolgono altri organi, oltre l’intestino. Molte delle manifestazioni sono meno frequenti nelle forme limitate all’intestino tenue. Le manifestazioni sono classificate in 3 tipi: disturbi che vanno in parallelo con le riacutizzazioni, quali l’episclerite, stomatite aftosa, eritema nodoso; disturbi che sono chiaramente associati alle MICI, ma che sembrano indipendenti dalle riacutizzazioni della malattia, quali spondilite anchilosante, uveite, colangite sclerosante; patologie che sono conseguenza di un’alterazione della fisiologia intestinale. Questi sono essenzialmente vari stati di malassorbimento.
Il trattamento della patologia annovera numerosi farmaci, come l’acido 5-aminosalicilico, corticosteroidi, immunomodulatori, probiotici e prebiotici, a volte antibiotici (metronidazolo, ciprofloxacina). Sempre maggiore importanza hanno assunto gli agenti biologici (farmaci anti-citochine), e soprattutto gli agenti a piccole molecole, quali inibitori della janus chinasi e un modulatore del recettore della sfingosina 1-fosfato (S1P). 

Un nuovo capitolo nella cura delle patologie autoimmuni 

Le esperienze nella terapia dei tumori hanno fatto pensare che, se bloccando i check point immunologici, si stimolano le risposte del sistema immunitario, deve valere anche il contrario, ovvero attivandoli, si inibiscono tali risposte. È stata iniziata quindi una nuova strategia terapeutica, dall’enorme potenziale per il trattamento di tutte le malattie autoimmuni e autoinfiammatorie.
Uno Studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine ha interessato l’anticorpo monoclonale umanizzato peresolimab, che è stato testato su pazienti con artrite reumatoide. Il peresolimab si è rilevato capace di attivare il pathway inibitorio di PD-1 (programmed cell death protein) e quindi si è dimostrato efficace nella cura della patologia autoimmune. L’attivazione di PD-1 da parte dei suoi ligandi, PD-L1 E PDL2, è in grado di sopprimere l’attivazione dei linfociti. Il farmaco possiede il potenziale di resettare la risposta immune o reinstaurare la tolleranza immunologica.

Autore

Angelo Milazzo

Presidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps),


Email: milazzo@cataniamedica.it

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