Micro e nanoplastiche: effetti sulla salute

Micro e nanoplastiche: effetti sulla salute

3 Aprile 2024 di: Angelo Milazzo 0

In un modo di plastica

Le materie plastiche sono costituite da una ossatura polimerica a base di carbonio, che racchiude sostanze chimiche incorporate nei polimeri per conferire proprietà specifiche come: colore, flessibilità, stabilità, idrorepellenza, ritardo di fiamma e resistenza ai raggi ultravioletti. Queste sostanze aggiunte includono agenti cancerogeni, neurotossici e interferenti endocrini come: ftalati, bisfenoli, sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), ritardanti di fiamma. Queste sostanze possono filtrare dal polimero nell’ambiente circostante, migrare nel suolo, nelle acque superficiali, nei sedimenti, nell’aria indoor e negli alimenti durante le fasi di lavorazione, confezionamento e stoccaggio. Inoltre le microplastiche sono tutte in grado di assorbire sostanze chimiche dall’ambiente come i policlorobufenili, i polibromodifenileteri e gli idrocarburi policiclici aromatici. Tutte queste sostanze sono note per essere tossiche per la riproduzione, per essere interferenti endocrini, per essere cancerogene. Le microplastiche hanno inoltre la capacità di legarsi a metalli pesanti, quali piombo, cadmio e mercurio e a batteri. Secondo l’ultimo rapporto Future Brief sulle nanoplastiche della Commissione Europea, in media un adulto inala o ingerisce dalle 39 mila alle 52 mila particelle plastiche all’anno, pari a cinque grammi di plastica alla settimana: l’equivalente di una carta di credito. Quindi, inconsapevolmente, è come se ingerissimo una carta di credito, ogni settimana. La produzione annuale mondiale è cresciuta da 2 milioni di tonnellate nel 2050 a circa 400 milioni di tonnellate a oggi. Si prevede che questa produzione raddoppierà entro il 2040 e triplicherà entro il 2060.

Una ricerca recentemente pubblicata sul Journal of the Endocrine Society ha indicato che, nel suo complesso, l’onere per le malattie attribuibile ai soli interferenti endocrini (endocrine disruptors) utilizzati nella lavorazione delle materie plastiche ha raggiunto negli USA quasi 250 miliardi di dollari solo nel 2018.

Nel Marzo del 2022, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente si è impegnata in un “trattato globale sulla plastica”, proponendosi di elaborare un accordo internazionale legalmente vincolante entro questo 2024.

Un successo tutto catanese

Recentemente è stata realizzata una metodica con una sensibilità estremamente più elevata che nel passato per la rivelazione delle micro e nanoplastiche. L’invenzione, già brevettata in Italia, è il frutto della ricerca dal titolo: “ Metodo per l’estrazione e la determinazione di microplastiche in campioni a matrici organiche e inorganiche”. La metodica è stata realizzata dal Laboratorio di Igiene Ambientale e degli Alimenti dell’Università di Catania, sotto la direzione della Prof. Margherita Ferrante. Prima di questa invenzione tutte le metodologie di estrazione delle microplastiche ad oggi internazionalmente accettate prevedono un processo di filtrazione per la raccolta delle microparticelle e microfibre plastiche. Questo processo adottato fino ad oggi non consentiva di riconoscere le particelle con diametro inferiore al poro del filtro utilizzato, con conseguente perdita irrimediabile di molte microplastiche e nanoplastiche.

Uno Studio tutto italiano

Uno studio coordinato da ricercatori dell’Università della Campania Vanvitelli, appena pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine, ha dimostrato come le placche aterosclerotiche dei vasi contengano spesso micro e nanoplastiche a base di polietilene o polivinilcloruro. Sono questi due dei composti plastici di maggior consumo nel mondo, utilizzati per realizzare prodotti che vanno dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole plastificate a materiali per l’edilizia.

Onnipresenti, le micro e nanoplastiche attaccano anche le coronarie del cuore, con effetti dannosi fino ad oggi sconosciuti. Queste sostanze chimiche sono state finora riscontrate nell’uomo in diversi organi e tessuti, tra cui:  la placenta, il latte materno, fegato e polmoni, compresi i tessuti cardiaci. Ma adesso lo Studio italiano dimostra che non solo le placche aterosclerotiche sono “inquinate”, ma sono anche più infiammate della norma. Diventano quindi più friabili ed esposte a rischio di rottura. E’ stato quindi rilevato un rischio almeno due volte più alto per infarti, ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche che non sono infarcite di sostanze derivate dalle plastiche. L’indagine è stata condotta su 257 pazienti con età oltre i 65 anni sottoposti ad un’endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica, procedura chirurgica durante la quale sono state rimosse placche aterosclerotiche che sono state poi analizzate al microscopio elettronico. E’ stato ampiamente dimostrato un raddoppio del rischio di infarto, ictus e mortalità, indipendentemente dai classici altri fattori di rischio cardiovascolari, quali: età, sesso, fumo, indice di massa corporea, valori di colesterolo, pressione arteriosa, glicemia, precedenti eventi cardiovascolari. I dati inoltre evidenziano un incremento locale significativo di marcatori dell’infiammazione in presenza delle micro-nanoplastiche. L’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le questi composti chimici comportano una maggiore instabilità delle placche.  Questo studio ha dimostrato quindi per la prima volta nell’uomo una correlazione fra la presenza di micro-nanoplastiche e un maggior rischio cardiovascolare.

Autore

Angelo Milazzo

Presidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps),


Email: milazzo@cataniamedica.it

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