Aggressioni in Pronto Soccorso, medici ed infermieri in prima linea

Aggressioni in Pronto Soccorso, medici ed infermieri in prima linea

7 Ottobre 2016 Massimo Buscema 0

Da Roma a Catania esplode la rabbia della gente per i forti disagi di chi, suo malgrado, chiede assistenza per sé o per i propri cari al Pronto Soccorso. Nella Capitale un figlio sfoga tutta la sua impotenza avendo visto morire il padre (malato di cancro) dopo un’odissea di 56 ore al Pronto soccorso del San Camillo. Scrive alla Lorenzin manifestando il suo dolore. Ed il Ministro risponde “Quanto accaduto al signor Marcello Cairoli non doveva succedere, non da noi. In Italia il pronto soccorso degli ospedali non è e non deve essere l’ultima tappa della vita di un paziente oncologico – si legge nel post – Approfondiremo ogni aspetto di questa vicenda, raccontata da Patrizio con tanto coraggio, amore e indignazione”. E aggiunge: “Il nostro Paese, grazie all’impegno di tutti gli operatori sanitari, offre ai pazienti e alle loro famiglie un eccellente livello di cure, anche in termini di umanizzazione. In Italia abbiamo realizzato le reti oncologiche proprio per garantire il malato in tutto il suo percorso, anche nella fase terminale, quella in cui ha diritto di essere circondato dall’affetto dei suoi cari, con il sostegno di medici e infermieri preparati ad assisterlo in queste circostanze, ogni volta che serve”. A Catania, Pronto Soccorso del Vittorio Emanuele in una sola sera si registrano tre aggressioni. Puntuali arrivano messaggi di solidarietà da più parti, soprattutto istituzionali. Noi però stavolta diciamo che non basta più. Che non è più tempo di formalità e che bisogna passare ai fatti. Sappiamo tutti molto bene che le attese “quando non sei un codice rosso” sono lunghe ed estenuanti e soprattutto che il tuo interlocutore diretto, quello che ti ritrovi davanti, non è l’amministratore pubblico o il politico che non è stato capace di organizzare o distribuire al meglio e razionalmente le risorse a sua disposizione, comprese quelle umane. Purtroppo è un medico, un infermiere, un socio-sanitario il front line dell’utente seriamente arrabbiato! Ed è contro di lui che si abbatte l’ira per un malfunzionamento generale che certo non dipende dal sanitario che anzi subisce più del malato questa condizione di stress perché deve moltiplicarla per 10-20-30 accessi.
A Roma gli ispettori ora accerteranno cosa è accaduto, cosa non ha funzionato, di chi è stata la responsabilità, se un uomo è morto passando le ultime 56 ore della propria vita in un pronto soccorso; con solo un paravento tra lui, circondato dalla sua famiglia, e la folla. La vicenda a Roma non riguarda medici e infermieri, non riguarda il personale e non vale neppure la polemica sui sovraffollamenti al Pronto Soccorso, bisognerà infatti accertare se la rete oncologica ha funzionato e verificare i livelli assistenziali erogati sul territorio a favore dei malati oncologici. A Catania verranno identificati gli aggressori e tutto si concluderà in archiviazione con buona pace di tutti. Ma quando chi ha veramente responsabilità in tutto questo verrà chiamato in causa? Ecco perchè oggi anziché solidarietà, che è diventata fin troppo ovvia e scontata, dobbiamo chiedere altro ed impegnarci tutti a battere i pugni sulle scrivanie di chi ci amministra ed a chiedere, in nome della gente che soffre, più attenzione alle politiche sanitarie dell’emergenza-urgenza sfuggendo a logiche di campanile o, peggio ancora, di sottobosco partitico.

Autore

Massimo Buscema

Dal 2011 il professore Massimo Buscema (specialista endocrinologo) è Presidente del Consiglio dell'Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Catania.


Email: presidente@cataniamedica.it

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