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Vecchio il 60% degli ospedali

Vecchio il 60% degli ospedali

17 Marzo 2018 Massimo Buscema 0

“Tanti, vecchi e troppo piccoli”. A bocciare gli ospedali italiani è il Centro nazionale per l’edilizia e la tecnica ospedaliera (Cneto). “Il 60% delle strutture ha più di 40 anni e la metà di tutti gli ospedali ha dimensioni troppo ridotte rispetto ai bisogni attuali. Di nuovi ne sono stati creati pochissimi, quelli sottodimensionati vanno chiusi perché sono delle trappole dove è impossibile fare medicina avanzata, dare una ospitalità di grande livello e fornire prestazioni integrate che prevedono competenza e tecnologia. Servirebbe un piano per costruirne 500 perché le ristrutturazioni sono una grande stupidaggine”. Così ha parlato all’AdnKronos Salute Maurizio Mauri, presidente del Cneto. Secondo l’esperto, è necessario cambiare paradigma quando si parla di edilizia ospedaliera. “Oggi non dovrebbe essere importante il numero dei posti letto – osserva Mauri – ma quanti percorsi diagnostici e quante prestazioni può fare la struttura. I posti letto devono diventare un fattore di produzione e non il criterio con cui si misura l’ospedale o un dato da tagliare per abbassare i costi”. Per il rapporto ‘Ospedali&Salute 2014′ di Ermenia e Aiop, nel 2014 si raggiungevano i 198.904 posti letto, distribuiti per il 70,3% (pari a 139.739 unità) nell’ospedalità pubblica e per il 29,7% (pari a 59.165 unità) in quella privata accreditata nel suo complesso. Le strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate (anno 2013) risultano complessivamente 1.069 (con una prevalenza delle seconde (55,4%) rispetto alle prime (44,6%). Gli ospedali pubblici sono concentrati un po’ più nel Centro-Nord (per il 54,1%), mentre gli ospedali privati accreditati risultano maggiormente presenti nel Centro-Sud (59,3%). “Gli italiano devono capire che per loro non è meglio avere una piccola struttura vicino casa invece di una policlinico magari a trenta minuti di strada – prosegue il presidente del Cneto – Recentemente in Trentino una donna doveva partorire in Val di Fassa, non c’era tempo per decidere se andare a Trento o nel piccolo nosocomio di Cavalese, ecco che l’hanno trasportata in eliambulanza a Trento. Questo intervento è costato meno che tenere aperto un reparto con meno di 500 parti l’anno, non ci si deve meravigliare di questa cosa”. Qualcosa però si sta muovendo. L’Agenas, nelle conclusioni del Programma nazionale esiti 2017, sottolinea che per quanto riguarda i punti nascita “anche se nel 2016 risultano ancora 97 strutture ospedaliere (21%) con volumi inferiori ai 500 parti annui, in esse si concentra meno del 6% dei parti totali, a dimostrare come in alcune occasioni la sensibilità e consapevolezza degli utenti sul tema della qualità e sicurezza delle cure possano ridisegnare il panorama dell’offerta con maggiore tempestività della programmazione sanitaria”. Come si trovano i fondi per costruire 500 nuovi ospedali? “Oggi una struttura nuova con circa 200 posti letto arriva a costare 150-200 milioni di euro – risponde Mauri – Se questa struttura lavora bene, viene gestita da persone capaci con modelli organizzativi moderni può arrivare a far risparmiare il 25-30% del fatturato, che si può aggirare anche sui 100 milioni l’anno. In questo modo in quattro anni il sistema si è ripagato la struttura. Ma la vera svolta è far costruire l’ospedale dal privato, magari i fondi etici, e poi affittarlo. Questa soluzione – avverte l’esperto – in Italia è quasi impraticabile, forse perché poi la politica non può mettere le mani sugli appalti pubblici visto che è il privato a gestire i cantieri?”. “Come Cneto organizziamo dei viaggi-studio all’estero – conclude Mauri – oggi le opere migliori in questo campo vengono realizzate in Australia, nei Paesi Scandinavi, in Germania, negli Emirati Arabi. Avrei difficoltà a indicare ai colleghi stranieri in visita in Italia le eccellenze da visitare per capire dove sta andando l’Italia. Forse alcune strutture in Lombardia, ad esempio il nuovo Niguarda o il nuovo Policlinico, ma nulla di più”. A Milano nel giro di 3 anni nascerà il nuovo Polo chirurgico e delle urgenze dell’ospedale San Raffaele di Milano: un ‘iceberg’ ecosostenibile che sfida gli spazi con le sue forme, “entrando in empatia” con l’ambiente circostante. Si tratta di un intervento “delicato. Costruiamo un ospedale sopra un ospedale che funziona”, spiega l’architetto bolognese Mario Cucinella, 57 anni. A ispirare il professionista è l’idea dell’ospedale del futuro “che mette al centro non il malato – conclude – ma la persona malata”.

Autore

Massimo Buscema

Dal 2011 il professore Massimo Buscema (specialista endocrinologo) è Presidente del Consiglio dell'Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Catania.


Email: presidente@cataniamedica.it

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