Osteointegrazione degli impianti posizionati in condizioni sterili vs condizioni di pulito

Osteointegrazione degli impianti posizionati in condizioni sterili vs condizioni di pulito

14 Marzo 2017 di: Giovanni Barbagallo 0

Il Tasso di successo degli uni e degli altri in questo articolo di David R. Scharf* e Dennis P. Tarnow. E’ anche possibile scaricare l’ articolo in versione originale

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Abstract: È stata fatta un’analisi retrospettiva comparando il tasso di successo dell’osteointegrazione di impianti endossei posizionati in condizioni “sterili” contro condizioni di “pulito”. Lo ”sterile” ha avuto luogo in una sala operatoria con rigidi protocolli di sterilità. Il “pulito” ha avuto luogo in clinica con la condizione che niente ha toccato la superficie dell’impianto fino a quando non ha toccato il sito di osso preparato. Un totale di 273 impianti in 61 casi (pazienti) sono stati posizionati in condizioni sterili con un tasso di successo della fixture del 98,9% e un tasso di successo tra i casi del 95,1%; 113 impianti sono stati posizionati in condizioni di pulito in 31 casi con un tasso di successo della fixture del 98,2% e un tasso di successo tra i casi del 93,5%. La differenza nel tasso di successo non è significativamente rilevante. I risultati di queste analisi indicano che la chirurgia impiantare può essere effettuata in condizioni “sterili” e “pulite” per raggiungere gli stessi livelli di osteointegrazione. J periodontol 1993; 64:954-956.

Parole chiave: inserzione impiantare/metodi; impianti dental; metodi di osteointegrazione; chirurgia, metodi operativi.

Numerose pubblicazioni hanno documentato con successo l’osteointegrazione implantare (1-4). Nel suo manuale, Branemark ha scritto i vari steps e protocolli che crede essenziali per raggiungere un’osteointegrazione predicibile (5). È arrivato alla conclusione che i due fattori più importanti per il successo dell’integrazione dell’impianto in titanio sono la tecnica chirurgica ed evitare il carico immediato. Tra i requisiti per una chirurgia di successo abbiamo la sua inserzione in una sala operatoria in condizione di sterilità, attrezzatura e componenti usate standardizzate e una chirurgia atraumatica. Questo è indiscutibile da seguire nella tecnica di Branemark per raggiungere l’osteointegrazione, ma non sono conosciuti quali criteri sono essenziali per un’alta predicibilità di risultato. Eriksson (6) ha dimostrato che a 47°C si ha la temperatura critica che non deve essere superata senza che si danneggi l’osso. Altri aspetti del protocollo chirurgico possono anche essere esaminati per determinare quali sono critici per l’osteointegrazione. È generalmente accettato che l’osteointegrazione è possibile quando gli impianti sono posizionati sia in studio che in sala operatoria. Però, questo non è mai stato documentato in quali casi si traduce in una migliore percentuale di successo (7). Il proposito di questo studio è quello di esaminare retrospettivamente il tasso di osteointegrazione, alla riapertura del sito, di una chirurgia “sterile” contro una “pulita”.

Materiali e metodi

È stata eseguita un’analisi retrospettiva di tutti i casi di impianti cilindrici, in titanio ed endossei fatti alla New York University dal dipartimento di chirurgia orale e maxillo-facciale e dal dipartimento di parodontologia da dicembre del 1983 a marzo del 1991. Tutti gli impianti posizionati dal dipartimento di chirurgia orale sono stati inseriti usando tecniche sterili. Gli impianti posizionati prima della primavera del 1990 dal dipartimento di parodontologia sono stati inseriti in condizioni sterili; dopo tale data, molti casi sono stati eseguiti con una tecnica pulita. I casi implantari sono stati divisi tra i due dipartimenti basati sul relativo numero di casi fatti da ogni dipartimento così come il dipartimento o lo studente che originariamente ha fatto la diagnosi e il piano di trattamento. Le condizioni (sterile contro pulito) sotto le quali la chirurgia è stata eseguita sono basate su un protocollo usato dal dipartimento al tempo. I pazienti non sono stati selezionati secondo le  condizioni di  sterile o pulito basate su una valutazione preoperatoria di un risultato positivo o negativo. Nella maggioranza dei casi, gli impianti sono stati posizionati da studenti supervisionati. I risultati sono stati rivisitati per determinare qualche condizione chirurgica fosse la migliore.

In entrambi gli ambienti i chirurghi indossavano guanti sterili e tutti gli strumenti e la fisiologica erano sterili. Come con tutte le procedure dentali, i partecipanti indossavano mascherine e occhiali. Tutti i pazienti hanno ricevuto una terapia antibiotica di copertura post-operatoria. La procedura è considerata “sterile” se ha avuto luogo nelle condizioni di una sala operatoria. Sono stati usati telini sterili e sulla pelle del paziente è stata applicata betadina o clorexidina così come anche lo sciacquo preoperatorio con clorexidina. È stato usato un protocollo da sala operatoria, dal trasferimento e maneggiamento degli strumenti fino al movimento del personale. Erano indossati camice chirurgico, copri testa, copri scarpe e guanti sterili. L’intervento ha avuto luogo in una sala chirurgica ambulatoriale con un team costituito da assistenti addestrati o studenti che servivano i camici chirurgici e infermieri che seguivano le indicazioni dell’operatore. (tabella 1). La chirurgia “pulita” ha avuto luogo secondo le direttive di una scuola dentale. Tutti gli strumenti, impianti e soluzione fisiologica, erano sterili. I chirurghi indossava guanti sterili, ma non è stato raggiunto il livello di sterilità dalla sala operatoria. I chirurghi e gli infermieri indossavano camici e il paziente non era coperto con un telino sterile (tabella 1). È stata usata una tecnica pulita, ma non è stato eseguito un protocollo da sala operatoria sterile. Il fattore critico che è stato sempre eseguito in questo protocollo è che niente toccasse la superficie sterile dell’impianto fino a quando questo non fosse stato a contatto con la superficie ossea del sito preparato. L’ampolla di vetro era aperta e l’impianto rivestito in titanio era rimosso con una pinzetta in titanio e appoggiato nel posto appropriato in un box di titanio. Solo dopo che il sistema di montaggio della fixture era attaccato l’impianto era rimosso dal rivestimento in titanio. Tutti i lembi e i tessuti molli sono stati retratti accuratamente così che nessun tessuto né nessuno strumento chirurgico sarebbe venuto a contatto con la superficie impiantare. Dopo la rimozione dell’impianto dal rivestimento in titanio era immediatamente posizionato nel sito di osso preparato.

Questo ha determinato se gli impianti si sono osteointegrati alla riapertura del sito.

 

Tabella 1. Comparazione dei protocolli per tecniche chirurgiche sterili e pulite

Parametri Sterile Pulito
Guanti sterili Si Si
Impianti sterili Si Si
Mascherine Si Si
Strumenti sterili Si Si
Irrigazione sterile Si Si
Copertura antibiotica Si Si
Completi sterili Si No
Copri capo Si No
Camici chirurgici Si No
Copri scarpe Si No
Telini sterili Si No
Preparazione cutanea Si No
Protocollo OR Si No

Risultati

Sono stati posizionati 273 impianti in condizioni sterili in 61 casi. Di questi, 270 sono stati considerati osteointegrati alla riapertura del sito con un tasso di successo della fixture del 98,9%, e con un tasso di successo tra i casi del 95,1%. Ci sono stati 3 fallimenti in 3 pazienti. Un paziente con un ipertiroidismo non diagnosticato, reduce da una serie di fallimenti implantari, con una tecnica sterile. Correggendo questa condizione patologica, sono stati inseriti gli impianti e si sono osteointegrati. Sono stati considerati solo gli impianti inseriti dopo la correzione della condizione patologica del paziente. Non sono stati eliminati altri casi dallo studio. 113 impianti sono stati posizionati in 31 casi in condizioni di “pulito”. Di questi, 111 sono stati giudicati osteointegrati alla riapertura del sito con un successo della fixture del 98,2%, e un successo del caso del 93,5%. Ci sono stati 2 fallimenti in 2 pazienti. Comparazioni statistiche tra condizioni di sterile e di pulito non sono strettamente valide perché i due trattamenti non sono stati assegnati a caso, sebbene le condizioni operatorie le condizioni operatorie non hanno influenzato l’assegnazione del caso. Però, l’analisi è stata basata su un numero di pazienti in ogni condizione che ha avuto esperienze di fallimento impiantare. Dal momento che nessun paziente ha avuto più di un fallimento, questo non pone il problema dell’analisi dei dati. Questo metodo di analisi ha eliminato variabili tra i soggetti. La probabilità di fallimento dipende dal numero di impianti inseriti per caso. La tabella 2 mostra il numero di impianti posizionati per caso per ogni condizione operatoria. L’analisi del Chi quadrato corretta per continuità è stata eseguita usando il numero di soggetti con fallimento impiantare. In questa analisi ci sono 3 fallimenti su 61 in condizioni sterili contro 2 su 31 in condizioni di pulito. Non c’è una differenza significativa (P > .05). Poiché la differenza tra sterile e pulito è poca ci vorrebbero oltre 1000 pazienti per valutare una differenza statistica tra i due gruppi con P < .05 e 80% di validità statistica. Con questa piccola differenza, anche se dovesse verificarsi una differenza statistica, il numero di fallimenti sarebbe troppo piccolo per avere un significato clinico.

 

Tabella 2. Distribuzione del numero di impianti posizionati per caso in condizioni sterili e di pulito

Numero di casi per condizione operatoria Numero di impianti posizionati per caso
  1 2 3 4 5 6 7 8 9
Sterile 0 4 8 15 23* 11** 0 0 0
Pulito 4 8 5** 5 3** 3 0 2 1
Totale pazienti 4 12 13 20 26 14 0 2 1

*Un impianto fallito in ciascuno dei 2 pazienti in questo gruppo.

**Un impianto fallito in questo gruppo.

Discussione

I risultati di questi studi seguono gli impianti fino al momento della connessione con l’abutment. Il tasso di fallimento in questo studio è coerente con altri report pubblicati che includono un ampio campione di pazienti. Friberg e al, hanno riportato l’1,5% di tasso di fallimento (69 di 4641 impianti) prima della connessione protesica; il 75% di questi fallimenti si è verificato prima o al momento della connessione con l’abutment. Questo tasso di successo era del 98,8% alla riapertura del sito ed è sceso al 98,6% al punto della connessione protesica. Il nostro tasso di fallimento dell’1,3% alla riapertura del sito è simile. Come in altri studi di fallimento impiantare è certo che si è verificato in seguito alla connessione con l’abutment. Gli impianti possono apparire integrati alla riapertura del sito quando di fatto non lo sono.

Attribuiamo questo importante tasso di successo al momento della riapertura del sito all’accuratezza della selezione dei casi. Il New York University Collego f Dentistry ha una revisione impiantare fatta da parodontologi, chirurghi orali, protesisti e psicologi. Questa valutazione completa e lo screening eliminano ogni candidato inadatto. Determinare gli esatti elementi critici per l’osteointegrzione sarebbe estremamente utile. Se la tecnica chirurgica può essere semplificata senza compromettere il risultato finale, ci saranno maggiori benefici. Il costo della procedura per il paziente e per il chirurgo potrebbero diminuire se la sterilità della sala operatoria non contribuisse al successo dell’osteointegrazione più della normale asepsi. In più, i tempi operativi e organizzativi verrebbero significativamente migliorati. Partendo dal fatto che all’interno del cavo orale non si può avere un ambiente sterile, è dubbio che i protocolli, inizialmente acquisiti dalle procedure ortopediche, sia necessario negli impianti dentali. I risultati di questo studio sembrano suggerire che la capacità di raggiungere l’osteointegrazione non è alterata da una chirurgia “sterile” o “pulita”. Se dovessero esserci delle differenze di tasso di successo a lungo termine tra questi due protocolli non sono state determinate in questo studio.

Uno studio di queste dimensioni impedisce l’eliminazione di altre variabili come le differenze individuali dei chirurghi, salute e anatomia del paziente e il sito chirurgico. Poiché questo è uno studio retrospettivo con un relativa piccola dimensione, non è stato possibile uno stretto controllo di numerose variabili. Abbiamo valutato casi già trattati con i due protocolli per vedere se potevano essere trovate delle differenze. Uno studio prospettivo per valutare se l’ambiente operativo influisce sull’integrazione sarebbe da eseguire. Come uno studio può anche esaminare come parametri le complicanze post-operatorie e il dolore. Questo dispendio di energia sembra giustificato dai dati del nostro studio retrospettivo. Anche con uno studio prospettivo però, dovrebbero essere valutati. Il primo è se gli errori dell’operatore possano essere eliminati. Il secondo, con così basso tasso di fallimento, sarebbe difficile da rilevare la causa di fallimento quando ce ne sono diverse possibili (errori chirurgici, qualità dell’osso etc.). Alla luce dell’alto grado di successo di tutti gli impianti posizionati è chiaro che l’unica variabile valutata dell’ambiente operativo ha un minimo impatto sul successo dell’integrazione. C’era solo un fallimento per paziente sebbene tutti gli impianti installati in quel paziente sono stati esposti allo stesso modo. Se l’ambiente operativo fosse responsabile del fallimento, ci si aspetterebbero fallimenti multipli in ogni paziente. La probabilità che il fallimento sia dovuto alla scarsa qualità di alcuni fattori (tecnica chirurgica, qualità dell’osso etc.) è superiore rispetto alle condizioni chirurgiche (sterile o pulito).

Come in tutte le chirurgie, il successo è influenzato dalla corretta selezione dei casi, dalla diagnosi, dall’abilità chirurgica, dall’atraumatico trattamento dei tessuti e dall’attenzione dei dettagli. Abbiamo trovato che l’adesione a questi principi in entrambi gli ambienti, sterile o pulito, può portare ad alti livelli di successo.

La ricerca ha bisogno di avere un’ulteriore valutazione di esatti elementi necessari per una osteointegrazione predicibile. È necessaria l’incisione muco-gengivale per l’osteointegrazione o è meglio quella crestale? Sarà l’esposizione del sito impiantare alle radiazioni ionizzanti a compromettere l’osteointegrazione? Queste e altre domande devono essere valutate per distinguere i requisiti biologici per l’osteointegrazione.

Traduzione a cura di Antonio Longo studente VI anno CLMOPD

Autore

Giovanni Barbagallo

Segretario della Commissione Albo Odontoiatri e Tesoriere della Fondazione Ordine dei Medici


Email: giovannibarbagallo@cataniamedica.it

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