La carenza di medici di medicina generale

La carenza di medici di medicina generale

28 Marzo 2018 di: Giuseppe Carnazzo 0

Circa otto anni orsono proprio dalle pagine di questo autorevole periodico abbiamo lanciato l’allarme sul futuro della Medicina in Italia e in particolare di quello del Medico di Famiglia.

Sono stati presentati due problemi.

  • il carico di lavoro dei medici di famiglia che aumenta a causa dell’invecchiamento della popolazione.
  • L’invecchiamento dei medici laureatosi durante gli anni dell’accesso libero a medicina.

Il Sole 24 Ore aveva riassunto il problema nel titolo.

La popolazione italiana invecchia ma i medici invecchiano anche di più.    

 

Il problema ha origine nel 1989 quando in tutte le Università italiane fu introdotto il numero chiuso, senza porre allo stesso tempo dei correttivi al problema, che si sarebbe inevitabilmente creato con la brusca riduzione del numero dei laureati in Medicina.

Figura 1: numero di medici iscritti nei vari ordini provinciali.

Nella figura il numero chiuso è riportato all’anno di nascita dei futuri medici iscritti nel 1989, quindi il 1989 diventa 1970 anno di nascita dei 19enni neo iscritti alla Facoltà di Medicina nel 1989.
Da notare che il numero di laureati si stava riducendo ancora prima dell’introduzione del numero chiuso in quanto vari atenei avevano già introdotto il numero chiuso prima ancora che questo venisse adottato a livello nazionale.  Altro punto notevole è che il numero di medici di età pensionabile nei prossimi anni va da 10 mila ad oltre 16 mila per anno, quindi per almeno i prossimi dieci anni il numero di medici che cessano l’attività sarà di molto superiore a quelli che iniziano l’attività.
Secondo eurostat l’ Italia ha in Europa la più alta percentuale di medici fra i 75 ed il 55 anni, il 52%.
Nel contempo ha la più bassa percentuale di medici sotto i 44 anni, il 26 %.
Questa è una realtà a cui non c’è rimedio.
Adesso a questo problema se ne sovrappone un altro. Quello della situazione finanziaria del bilancio dello stato, che impone tagli a tutte le spese dello stato, e la sanità è fra queste, anche se la spesa dello stato in Italia è la più bassa fra le nazioni europee di grandi dimensioni.
Nel 2017 il bilancio di competenza dello stato ha registrato uscite per 606,5 B€ (di cui 79.3 B€ per interessi del debito di circa 2300 B€) a fronte di entrate per 568 B€. Per cui il debito complessivo è salito di 38.5 B€.  Se si vogliono evitare problemi con il debito pubblico come la crisi del 2012 occorre limitare le spese.

La spesa pubblica per la salute nel 2016 si è ridotta di circa il 4 % per ciò che riguarda la spesa ospedaliera ed il totale della spesa è stato contenuto a poco meno di 150 miliardi di euro. Questo risultato è stato ottenuto anche grazie all’incremento della partecipazione diretta dei cittadini al, che nel 2016 ha raggiunto il 25 % della spesa totale. Tuttavia questi sforzi hanno portato ad una riduzione della qualità della sanità con incremento dei tempi di attesa e con molti cittadini che rinunciano a sottoporsi alle analisi prescritte. Ben 12 milioni secondo il rapporto Censis dello scorso luglio, anche se la cifra è stata contestata.

Malgrado tutto ciò la mortalità nel 2017 si è ancora ridotta ed il numero di anziani continua a crescere.

Figura 2: Andamento popolazione vecchi ed anziani

La crescita della popolazione di anziani, cioè di oltre 80 anni è di circa 300 mila persone per anno                                                .
Per rendersi conto del peso di questo incremento si può fare riferimento al grafico seguente tratto dal rapporto della Ragioneria Generale dello stato dello scorso anno.

Figura 3: costo per assistito in funzione dell’età. Nell’asse verticale 1 è il costo medio riferito a tutta la popolazione che per il 2016 è stato di2400€. Il costo di una persona di 70 anni è in media 6000€

Dal grafico si può vedere che il peso di un assistito di 70 anni è due volte e mezzo quello della popolazione media. Si può quindi dire che occorre assistere ogni anno 750 mila persone in più.

Occorrono quindi molti più medici che la semplice e già difficile sostituzione dei medici che vanno in pensione. Occorre tenere conto anche del crescente carico burocratico, che purtroppo tende soltanto a controllare ed a tentare di programmare la spesa della sanità senza nessun obiettivo per il miglioramento della salute dell’assistito e della qualità dell’assistenza.  Di fatto le varie richieste sono per il medico solo un carico burocratico in più.

il problema della carenza è aggravato dal fatto che il numero di medici che vanno in pensione è ben più alto di quanto previsto dalle varie organizzazioni.

Tuttavia sicuramente molti medici continuerebbero volentieri a lavorare.
Consentire di lavorare per altri tre anni sicuramente attenuerebbe il problema ed inoltre comporterebbe una riduzione della spesa globale dello stato.

Una iniziativa del genere è stata messa in atto nel 2004 per i dirigenti d’azienda ed ebbe molto successo. All’epoca lo stipendio di chi aderiva all’iniziativa veniva aumentato dei contributi pensionistici al lordo delle trattenute fiscali. Lo stato non doveva pagare la pensione ed il lavoratore aveva lo stipendio aumentato in modo sostanziale. Tuttavia la legge rimase in vigore solo per due anni.

Una proposta di rapida attuazione è quella che a richiesta si possa far slittare di almeno tre anni il pensionamento dei MMG.

Proporre da subito un incremento dei posti al corso di medicina di famiglia.

Apertura del corso di medicina generale ai colleghi che a vario titolo svolgono nella pubblica amministrazione attività non assistenziale.

Aprire subito le graduatorie del rimborso per le segretarie dei MMG ferme, ad esempio in Sicilia, da tempi immemorabili in modo da permettere l’assunzione di personale.

Permettere l’assegnazione rapida delle zone carenti evitando pastoie burocratiche intercomunali.

Ottimizzare le guardie mediche come centri unici pluricomunali spostando gli esuberi direttamente all’assistenza
di Medicina di famiglia.

Adeguare il numero di ingressi alla Facoltà di Medicina alle future esigenze.

A nostro avviso non è ridistribuendo i pazienti che si potrà risolvere il problema ma solo razionalizzando la presenza dei medici nella pubblica amministrazione evitando utilizzi non assistenziali e riconvertendo figure da troppo tempo sottoutilizzate

Autore

Giuseppe Carnazzo

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